La prima corsa ciclistica italiana fu organizzata dal Veloce Club di Milano nel 1871 e fu vinta da Giuseppe Pasta, il quale impiegò 37 minuti a percorrere una distanza di undici chilometri. Un chilometro in tre minuti… un fatto eclatante per l’epoca dal momento che il termine di paragone relativo alla velocità di quei tempi era riferito al solo cavallo.
Le imprese successive sono note a molti: Bartali, al Giro di Francia del 1948, partito da Cannes con 25 minuti di svantaggio sugli altri, acquistò poi un vantaggio tale durante la corsa da permettergli, a Briancon, di recarsi in un albergo, fare la doccia e assistere all’arrivo degli altri concorrenti.
Il primo che ebbe l’idea di applicare un pedale ad un biciclo fu Ernesto Michaus nel 1861, ed ecco nata la bicicletta. Strumento tanto amato dal proprio possessore fino quasi all’inenarrabile… fino a divenire non solo una professione quella del ciclista, ma una vera e propria passione per le due ruote… passione… un’altro viaggio del cuore.
Con lei si sono tentate le prodezze più inverosimili, è stata portata persino sott’acqua, forse qualcuno ricorda quella folle impresa di Vittorio Innocente che percorse nel 2000 un chilometro sotto il Naviglio di Milano in poco meno di 14 minuti. Zavorrò e modificò la sua bicicletta per favorirne l’idrodinamica e riuscì nell’impresa.
Pian piano, nel tempo, nacquero le varie associazioni ciclistiche e vennero divisi i corridori tra professionisti e dilettanti, si stabilirono le varie specialità e si arrivò infine al Giro d’Italia, al Tour de France, competizione per eccellenza che vede ogni anno più di dieci milioni di spettatori… fino ai vari campionati mondiali e ai giochi olimpici. Oggi si disputano gare dappertutto, su strada e su pista.
I nomi dei vecchi e nuovi campioni sono noti alla maggioranza, sia essa fatta di appassionati a questo sport oppure no… Giri d’Italia vinti ripetutamente da Alfredo Binda tra la fine degli anni ’20 e i primi anni ’30. Fausto Coppi dagli anni ’40 agli ’50 ed Eddy Merckx a cavallo tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70… di quest’ultimo ricordo le prodezze e la popolarità con gli occhi di bambina quasi costretta a sciropparsi le gare ciclistiche trasmesse in tv (unico esemplare in casa), al posto dei cartoni animati che trasmettevano contemporaneamente sull’unico altro canale esistente all’epoca… ma poi alla fine tutta la famiglia e anche i vicini ancora non possidenti della straordinaria scatola che trasmetteva suoni ed immagini in bianco e nero, si ritrovava col naso appiccicato allo schermo a soffrire affannosamente insieme ai corridori di quelle ripide salite o di quelle rovinose cadute e gioirne delle memorabili vittorie. Tagliare quel traguardo che rappresentava molto più di un nastro teso da un lato all’altro della strada… segnava un traguardo della propria vita, un traguardo che li proiettava immediatamente verso altre tappe, altre mete, altre conquiste.
Fino ai giorni nostri… ai campioni accompagnati spesso nel loro destino da grandi tragedie umane…. Armstrong… e tanti altri meno popolari e infine lui.. il grande Marco Pantani…
Intorno al ciclismo, alla bicicletta e non da ultimo, intorno ai grandi campioni, c’è sempre stato un mondo di collezionisti bramosi di accaparrarsi qualche oggetto significativo di questo sport… oggetti, fotografie, autografi e documenti meritevoli di stare molto spesso più in un museo che nelle nostre case… ma è grazie al collezionismo che possiamo raccogliere, catalogare e conservare pezzi di storia… in questo caso di storia del ciclismo e della bicicletta.