Il Trasporto di Cristo al sepolcro e altri capolavori (a cura di Maria Cristina Giammetta)

Si è aperta a Roma, dal 19 maggio fino al 27 agosto 2006, una straordinaria rassegna, la prima mai dedicata nella capitale all’opera di Raffaello.
Celeberrimi capolavori, alcuni di proprietà della Galleria Borghese, dove è stata organizzata l’esposizione, altri provenienti da importanti raccolte di tutto il mondo, fanno da splendida cornice alla monografica intitolata: “Raffaello. Da Firenze a Roma”.
Ventiquattro dipinti e ventisei disegni si propongono di illustrare il percorso dell’artista nella fase centrale della sua maturazione quando, lasciata Urbino, affronta Firenze e la sua fervente vita artistica, fino a giungere all’approdo romano.
La mostra infatti documenta soprattutto gli anni che vanno dal 1504 al 1508, fondamentali per il ventenne Raffaello, che arriva a Firenze con una lettera di presentazione al gonfaloniere della repubblica Pier Soderini della nobildonna urbinate Giovanna Felicita Feltria della Rovere, dopo aver riscosso già notevoli successi nella natia Umbria dove era stato allievo del Perugino e seguace del suo stile, e aver realizzato, tra l’altro, la pala (ora alla pinacoteca di Brera) con lo Sposalizio della Vergine, destinata alla cappella Albizzini in San Francesco a Città di Castello, superando addirittura in bravura il suo maestro.
Il precoce talento dell’urbinate era esploso già a tredici anni dopo la morte del padre Giovanni Santi, figura di pittore e letterato della corte di Urbino, che era stato probabilmente il suo primo maestro.
Le prime opere autografe certe di Raffaello risalgono agli anni 1502-1503: la Crocifissione Mond, eseguita per Tommaso Gavari in San Domenico a Città di Castello, oggi alla National Gallery di Londra, e la Pala Oddi, voluta per la cappella funeraria di famiglia in San Francesco a Perugia da Alessandra degli Oddi, e ora conservata ai Musei Vaticani. Queste due opere pongono il problema del così detto peruginismo di Raffaello, poiché la pala più tarda in ordine di tempo (Mond) sembra essere più in linea con lo stile di Perugino di quanto lo sia la più precoce (Oddi), fino all’esito più convincente dello Sposalizio, che decisamente inizia a distaccarsi dai modi perugineschi.
A Firenze Raffaello viene accolto con interesse e riceve molte commissioni.
Oltre ad alcune pale e alle numerose Madonne – nelle quali l’influsso leonardesco e michelangiolesco si fa sempre più evidente – il giovane maestro è impegnato nell’esecuzione di alcuni ritratti tra cui quelli conosciutissimi dei coniugi Agnolo e Maddalena Doni. Con essi Raffaello approfondisce i suoi studi sulla pittura fiamminga, vera e propria ossessione dell’ambiente artistico fiorentino dell’epoca, distanziandosi così ancora di più dal peruginismo cui aveva aderito fino a pochissimo prima.
Ma l’apice della svolta verso lo stile che condurrà Raffaello al decisivo passo delle Stanze Vaticane si compie con la Pala Baglioni altrimenti detta Deposizione Borghese perché di proprietà dell’omonima Galleria.
Così Claudio Strinati studioso dell’urbinate descrive il Trasporto del Cristo: ”Il dipinto è la prima opera in cui l’arte pittorica di Raffaello ambisce alla costruzione del nuovo, sia pure denso di infinite reminiscenze, dai sarcofaghi di Meleagro, al Tondo Doni di Michelangelo. Nessun personaggio sale stagliandosi sul cielo. La mentalità figurativa delle mirabili Madonne scompare e prende il posto un senso costruttivo delle figure che ha il suo esatto riflesso nel tipo di naturalismo che Raffaello imprime alle immagini. Il ritrattista che aveva dato così potente prova di sé e che avrebbe disseminato il resto del suo cammino di altrettanti capolavori negli ambiti specifici studia, forse inconsapevolmente, un’idea mai vista prima nel campo della pittura. Tiene a freno la sua capacità di riprodurre il vero con un acume veramente “fiammingo” e demolisce anche l’universo peruginesco scardinando dall’interno il concetto stesso del convenzionale. Porta la definizione della figura fino a uno spasmodico livello di evidenza ma non lo supera, mantenendosi ancora nel cerchio magico dell’idea del bello. Il quadro è singolare perché commisto di senso epico, di quieta elegia, di inaudita durezza del segno e di sbalorditivo approfondimento”.
La pala Baglioni fu commissionata a Raffaello dalla nobildonna perugina Atalanta Baglioni per commemorare il figlio Grifonetto assassinato nel 1500, e la tradizione vuole che il maestro lo abbia raffigurato nel giovane trasportatore a destra nel dipinto.
La grande pala, un olio su tavola di 184×176 cm, fu collocata nella cappella di famiglia in San Francesco al Prato a Perugia e vi rimase fino al 1608, quando, la notte del 19 marzo venne trafugata, calata dai frati dalle mura e preso in consegna dagli emissari del papa Paolo V il quale ne fece dono al nipote cardinale Scipione Borghese che ambiva averla nella sua famosa collezione d’arte.
Scoperto il furto, la rivolta si accese, non solo tra gli eredi di Atalanta Baglioni, ma tra tutti i cittadini di Perugia. Dopo difficili trattative la corte pontificia, nella persona proprio del cardinale Scipione, commissionò una copia del dipinto per riparare al vuoto lasciato dall’originale: copia ora perduta eseguita dal Lanfranco, mentre un’altra venne realizzata da Cavalier d’Arpino.
Originaramente sormontata da una cimasa con il Padre Eterno benedicente (custodita alla Galleria nazionale dell’Umbria di Perugia) e completata in basso da una predella con le Virtù teologali, una splendida grisaille di mano dello stesso Raffaello, oggi alla Pinacoteca Vaticana, sono state nell’occasione della mostra entrambe prestate e riunite al loro posto.
Giustamente la mostra alla Borghese ruota intorno a questo capolavoro, non solo perché espone orgogliosa un suo dipinto, non solo perché il restauro recente ha restituito al piacere dell’occhio e della mente una simile meraviglia, ma perché è occasione eccellente per vedere riuniti splendidi dipinti provenienti da tutto il mondo.
Dal Louvre “La Belle Jardinière”, “Il sogno del Cavaliere” e la “Madonna Aldobrandini” dalla National Gallery di Londra, da Washington “La Madonna Cowper”, “La Muta” e la “Santa Caterina” da Urbino, “La Gravida” dalla raccolta di Palazzo Pitti, “La Madonna Colonna” da Berlino, o “La Fornarina” dalle collezioni Barberini, insieme al “Ritratto d’uomo” e alla “Dama del Liocorno” sempre della Borghese.