Il nome specifico di “passaporto” è abbastanza recente e deriva dal nome dei salvacondotti e delle lettere rilasciate in tempi antichi alle navi in segno di autorizzazione ad entrare o uscire da un determinato porto.
La storia dell’umanità è ricca di viaggi e di conseguenza è anche una storia di passaporti.  I confini esistono fin da quando l’uomo ha cominciato a difendere il proprio pezzo di terra coltivato e per passare sul territorio altrui senza correre il rischio di essere ucciso, spesso era necessario scendere a patti: da questo primitivo accordo quasi sempre verbale, è nato il passaporto.
All’epoca dei Tolomei d’Egitto occorreva un lasciapassare delle autorità portuali per uscire con le navi dal Faro. I romani inventarono le “sacrae litterae”: dei salvacondotti firmati personalmente dall’imperatore che servivano sia per varcare i confini dell’Impero che per viaggiarvi all’interno. Ai tempi di Giustiniano, anche l’accesso a Costantinopoli era regolato da controllatissimi salvacondotti.
L’invenzione del passaporto diplomatico si deve all’Impero bizantino. Gli ambasciatori russi erano muniti di “Crisobolle” che li distinguevano dalle autorizzazioni a spostarsi nei vari paesi rilasciate ai mercanti che erano dette “Argirobolle”.
Nel medioevo si entrò in un clima più burocratico:  lettere commendatizie o lettere di protezione venivano concesse dal proprio paese o dai paesi ospitanti e potevano essere a tempo indeterminato o a scadenza, personali o collettive. I Longobardi chiamarono i loro salvacondotti “singrafe” e i genovesi “bulletta”.
Il primo passaporto che conteneva i connotati fisici del viaggiatore, fu rilasciato a un monaco francese nell’870 circa dall’Emiro di Bari per un viaggio in Egitto. Molto più recentemente, con l’invenzione della fotografia, il passaporto è diventato documento di riconoscimento del titolare a tutti gli effetti.
Anche il passaporto è entrato a far parte del mondo del collezionismo, affiancando altri documenti e tessere personali.