La geometria
Il nome è greco e significa “misurazione della terra”. Gran maestro di questa scienza fu il greco Euclide (IV secolo a.c.); ma gli stessi Greci posero in Egitto l’origine della geometria. Lo storico greco Erodoto ci fa sapere che, se a taluno l’alluvione del Nilo portava via un appezzamento di terra, egli andava subito a riferire al Re, il quale mandava a misurare il podere per accertare di quanto fosse diminuito, e fare la giusta diminuzione delle imposte. “Questo io credo -conclude Erodoto- essere stato occasione al nascimento della scienza geometrica passata poi in Grecia”. E’ allora evidente che la geometria è figlia dell’agrimensura. Ancora oggi, difatti, in non poche regioni d’Italia, si continua a chiamare “geometra” il semplice agrimensore.

La “piccola posta”
Negli anni di dominazione francese in Italia fu istituito a Milano il servizio della “piccola posta” per le comunicazioni epistolari fra persone della stessa città. Esisteva già un servizio pubblico della “posta delle lettere” ma non si occupava che delle lettere fra città e città. Alludendo all’origine francese del nuovo servizio postale, uno scrittore del tempo scrive: “Ci si fece il gran regalo della piccola posta. Il successo ne fu lungamente dubbio perché le antiche abitudini difficilmente si vincono. D’altronde noi eravamo proclivi alla diffidenza ogni qual volta il governo immischiavasi nei nostri affari…”. Ad ogni modo, così nacque l’uso di pubblicare, su giornali e riviste, brevi risposte agli abbonati sotto il titolo appunto di “piccola posta”.

La tassa di ricchezza mobile
Qualcuno, magari, ha creduto finora che questa tassa fosse, per così dire, un’invenzione moderna. Ebbene, quattro secoli fa, il Parlamento piemontese del 1539, per far fronte alle imposizioni dei nuovi padroni, domandò al Re di Francia che le comunità potessero a loro volta imporre una nuova tassa. Essa doveva gravare “sui mercanti, sugli operai e sugli altri che hanno denaro disponibile, anche se non possiedano beni immobili” (la domanda originale è in  lingua latina). Il Re la concesse, e la nuova imposta – chi bene la consideri – non fu essenzialmente diversa da quella che ora noi chiamiamo di “ricchezza mobile”.

L’incubatrice
Il francese Réaumur, a cui i compatrioti attribuiscono “i primi esperimenti in Francia della incubazione artificiale”, aveva appena tre anni d’età quando il nostro gesuita bresciano padre Lana stampava in lingua latina nel 1686: “Taluni hanno utilizzato il termometro per far uscire i pulcini dalle uova. Infatti, qualora tu metta un termometro fra le uova che una gallina stia covando, troverai facilmente il grado di temperatura che abbisogna perché le uova si schiudano. Potrai pertanto costruire una cassetta dove metterai uova, e che scalderai dall’esterno con la fiamma d’una lucerna o in altro modo, osservando però, mediante il termometro, che la cassetta acquisti e conservi la temperatura sufficiente alla bisogna. Non avrai dunque bisogno di gallina che covi, per avere pulcini quando tu voglia”. Ed ecco descritta, in termini chiarissimi, l’incubatrice, nella sua più semplice composizione.

Il sale
S’intende che il sale è sempre esistito, almeno in potenza, nell’acqua salsa. Ma l’antichità non seppe produrlo come noi, nè lo ebbe come lo abbiamo noi, bianco e cristallino. Le Gallie e la Germania – ci fa sapere Plino il Vecchio –  cospargevano di acqua salsa i carboni ardenti, si che essa evaporasse rapidamente e il sale si condensasse. Poi gli uomini condivano il cibo con quel sale nero, o per meglio dire con quei carboni salati! Ma questo non fu l’unico modo di cavar sale dall’acqua. Si sa che gli antichissimi Umbri facevano ceneri di canna e di giunco, che poi lasciavano bollire lungamente in acqua di mare. Il residuo della cottura veniva quindi adoperato come sale. Difficile è stabile l’epoca in cui gli uomini cominciarono ad ottenere sale per effetto di evaporazione naturale.