Le ricompense militari nell’Antica Roma.
Le ricompense erano di vario tipo: alcune comuni per ufficiali, sottoufficiali e truppa, altre riservate alle categorie di ufficiali.
Il premio più alto era la corona graminea o ossidionale, concessa soltanto al capo che avesse salvato un esercito minacciato da grave pericolo o una città dall’assedio. La corona d’alloro e più tardi quella d’oro con gemme preziose, per decisione del Senato ornava la testa del condottiero vincitore cui veniva concesso il supremo onore del trionfo.
Cesare ebbe per primo il privilegio di portare sempre la corona d’alloro. La preziosa corona a raggiera destinata prima ai simulacri degli dei, per istituzione di Nerone ornò le effigie degli Imperatori romani sulle monete.
Per chi avesse meritato il piccolo trionfo sul Monte Albano era concessa la corona di mirto; per i cavalieri e per gli assistenti al trionfo, la corona d’olivo.
Molto pregiata era la corona civica di quercia, o ischio, o leccio –corrispondente alle moderne ricompense al valor civile- di cui erano solennemente decorati coloro che avessero salvato sul campo la vita di un cittadino. La ottenne Cicerone quando liberò Roma dalla minaccia della congiura di Catilina.
Le corone gemmate o auree di minor grado, potevano essere concesse a chiunque per atti di valore: corrispondevano approssimativamente al nastro azzurro.
Lo scrittore cristiano Tertulliano, figlio di un valoroso ufficiale romano, lodò altamente il gesto di un eroico legionario che per essersi convertito al cristianesimo rifiutò la corona considerandola come simbolo adatto soltanto ai Santi e lo esortò ad ambire, come più prezioso premio, alla corona del martirio.
Ricompense di secondo grado erano le falere, le armille, le collane (tourques).
Le armille erano una coppia di braccialetti di varia forma – cerchio piatto, intreccio serpentino, o altro – generalmente d’argento, a volte d’osso e si portavano ai polsi. Le armille potevano essere conferite una o più volte ai centurioni delle legioni e delle corti pretoriane (non a quelli delle truppe ausiliarie), ai sottufficiali (principales) e ai soldati semplici. Il conferimento avveniva in forma solenne, per iniziativa del capo dell’esercito e dietro proposta delle autorità gerarchiche: ma sempre in nome del Senato e del popolo romano.
Le falere erano borchie lavorate con varie raffigurazioni simboliche stabilite per l’ufficiale o per il soldato di cavalleria che riportava le spoglie di un nemico ucciso. Nell’epoca imperiale la concessione fu estesa anche ad altre specialità.
I decorati portavano le falere sulla corazza, fissandole con piccole cinghie di cuoio d’ordinanza. Sono celebri le nove falere d’argento custodite nell’Antiquarium di Berlino, dove sono raffigurate con arte finissima una maschera di Medusa, maschere dionisialiche, ed altre immagini simboliche. In questi dischi di metallo sospesi al petto si posso vedere le origini delle moderne medaglie.
Per atti di valore venivano anche concesse speciali collane composte con materiali di varia specie. Al tempo della Repubblica qualunque ricompensa poteva essere concessa ad ufficiali e soldati; ma durante l’Impero su limitata ai soli ufficiali superiori e generali la concessione delle corone.
L’esame dai monumenti dell’epoca giunti sino a noi ci consente d’immaginare l’incomparabile solennità d’una sfilata sotto gli archi delle vie imperiali dei prodi legionari, delle insegne dei labari delle aquile invitte, al seguito del condottiero cui la Patria riconoscente aveva decretato l’onore del trionfo.